Lun, 25 Ago, 2025

Salvatore Borsellino gela il Comune di Caselle: «Non voglio la vostra commemorazione per mio fratello»

Salvatore Borsellino gela il Comune di Caselle: «Non voglio la vostra commemorazione per mio fratello»

Una frase secca, inequivocabile, che pesa come un macigno sul Palazzo civico di Caselle: «Non gradisco, da parte di questa Amministrazione, alcuna commemorazione per il 19 luglio. Quel 14 giugno vi siete defilati, e questo mi dice tutto»

A parlare non è un cittadino qualunque, ma Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino, ucciso insieme alla sua scorta dalla mafia il 19 luglio 1992, nell'agguato di via D’Amelio. Le sue parole arrivano come una doccia gelata a distanza di settimane dalla serata del 14 giugno, quando nella Sala Cervi si celebrava il coraggio del testimone di giustizia casellese Mauro Esposito, dopo anni di silenzio e isolamento.

Una serata di alto profilo civile e morale, con ospiti del calibro di Piera Aiello, Sergio Caglianese, lo stesso Borsellino e tanti altri. Ma a brillare in quella sala, oltre alla dignità dei presenti, è stata anche l’assenza pesante – e collettiva – della maggioranza comunale. Sindaco, assessori e consiglieri di governo: tutti assenti. Tutti silenziosi. Tutti lontani. 

Salvatore Borsellino non è tipo da cerimonie di facciata. È un uomo che ha scelto di trasformare un lutto personale in una battaglia pubblica, fondando il movimento delle Agende Rosse e girando l’Italia per portare un messaggio chiaro: la legalità non è un simbolo da esibire, ma una scelta quotidiana.

Ed è proprio su questo punto che si infrange la credibilità dell’Amministrazione casellese. Se nei palazzi comunali qualcuno pensava di rifarsi l’immagine con un mazzo di fiori il prossimo 19 luglio, dovrà ricredersi. Perché Borsellino, con parole dure e dolenti, ha detto no: «Non voglio che la memoria di mio fratello venga usata per alimentare un elenco di benemerenze di chi, quando c’è da esserci, sceglie di nascondersi».

Che senso ha commemorare i martiri della mafia se, quando la mafia si combatte con gesti concreti e testimonianze vive, le istituzioni si voltano dall’altra parte? Salvatore Borsellino ha posto questa domanda senza urlare, senza bisogno di invettive. Ma le sue parole sono state più fragorose di qualsiasi discorso.

Caselle è una città che ha avuto il coraggio – grazie alla società civile – di riconoscere il valore di chi ha rotto il silenzio e denunciato. Ma Caselle ha anche una classe politica che, davanti a quel coraggio, ha mancato l'appuntamento con la storia. Ora, non basteranno fiaccolate, bandiere o frasi di circostanza per rimediare.

Il Comune potrà anche ignorare il messaggio. Ma resta agli atti, scolpito nella coscienza pubblica, che il fratello di Paolo Borsellino ha scelto di togliere a questa Amministrazione l'onore della memoria. E non per vendetta, ma per coerenza. Perché ci sono date che si rispettano. Ma prima ancora, ci sono verità che si affrontano. E assenze che – come il 14 giugno – non si cancellano con una cerimonia a posteriori.

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